Per la realizzazione di queste due piastre ho preso ispirazione da un guazzo della pittrice ascolana del ’600 Giovanna Garzoni. Proprio in quel secolo la pittura di natura morta divenne un genere molto apprezzato. La pittura precedente risentiva di una concezione filosofica antropocentrica, per cui i soggetti non umani (fossero essi animali, vegetali o semplici cose) apparivano soltanto a margine dei dipinti.
Il tramonto di questa ideologia dipese da diversi fattori quali le scoperte scientifiche, la secolarizzazione della società ed il trionfo della borghesia. Quest’ultima ci teneva a mostrare la propria opulenza attraverso lo sfoggio delle sue merci. In questo contesto va visto il fiorire di dipinti che mostravano nature morte molto realistiche, dettagliate e rigogliose, tali da suscitare nello spettatore il desiderio di afferrare i frutti per mangiarli. Giovanna Garzoni fu una delle principali interpreti di questa tendenza.
Delle sue nature morte amo, soprattutto, il fatto che non siano mai stereotipate ma rendano dettagliatamente ogni piccola imperfezione di fiori e frutta. Sono le ammaccature, le piccole lacerazioni, le foglie ed i petali sgualciti che rendono vivo e vero un vaso di fiori così come un cesto di frutta.